Scrivo questo articolo nell’ultimo giorno del primo mese dell’anno e, come psicologa psicoterapeuta dello studio multiprofessionale I Navigatori, ho il piacere di annunciare la nuova collaborazione con la Dott.ssa Marta Micozzi.
Marta lavora come educatrice professionale, con un’esperienza decennale nei servizi sociali dedicati all’infanzia, alla disabilità e alla terza età; si occupa di perinatalità, ed è mamma di due bambini, di cui uno “nato in silenzio” una settimana prima del parto.
Da questa durissima e inaspettata esperienza, hanno preso corpo le riflessioni che troverete nel toccante e confortante libro autobiografico “L’oro si aspetta – Ricostruire dopo un lutto perinatale”.
Questo testo è particolarmente prezioso, anche perché lascia spazio alla testimonianza del padre, coinvolto nel lutto perinatale come genitore e come compagno; con un’ottica esterna rispetto ciò che si compie nel e sul corpo della donna, ma complementare a quella della madre. Troppo spesso, invece, questa prospettiva viene trascurata dagli operatori sanitari che accompagnano la coppia in questi dolorosi accadimenti.
Marta scrive: “nessuno salpa (e si salva!) da solo!”; che è la stessa intenzione che anima lo studio multiprofessionale I Navigatori.
Come professioniste, anche a partire da storie personali elaborate ed approfondite all’interno di contesti clinici e formativi, desideriamo sostenere interventi psico-educativi dedicati a coloro che affrontano situazioni di infertilità, poliabortività e lutto perinatale.
Oggi, nei Paesi occidentali, decidere di diventare genitori è sempre più frutto di una scelta consapevole, ponderata e posticipata nel tempo.
Pensare alla possibilità di questo passaggio in un momento successivo rispetto a quanto non accadesse in passato, rappresenta uno dei motivi per cui ci si incontra e, in alcuni casi, ci si scontra, con le difficoltà legate ad uno iato tra le preferenze personali e le possibilità biologiche della riproduzione, che non si sono modificate di pari passo con le conquiste e i mutamenti sociali dell’epoca post moderna.
Le cause dell’infertilità maschile e femminile sono numerose e di diversa natura, a volte sono conseguenza di alcune terapie necessarie, come in oncologia.
Ci sono anche coppie che si scontrano con quella che viene definita “infertilità sine causa”, cioè una condizione in cui le difficoltà a intraprendere o a portare a termine una gravidanza non paiono spiegabili alla luce degli strumenti diagnostici e delle conoscenze al momento disponibili, con la conseguente attivazione di elevati livelli di stress, di delusione e di ulteriore confusione rispetto a come procedere.
Altre volte può succedere qualcosa per cui l’attesa s’interrompe, addirittura in prossimità del parto, e questo evento accade in Italia a 1 donna su 6 tra coloro che iniziano una gravidanza desiderata, come indicato da Claudia Ravaldi, psichiatra psicoterapeuta e cofondatrice dell’associazione CiaoLapo Onlus, nell’indagine del 2018: “Il lutto perinatale”.
Non esistono livelli di sofferenza sulla base del tempo in cui si vivono questi lutti e ognuno si trova di fronte alla singolarità del proprio sentire e del suo, personale, modo di reagire, ma ci sono degli interventi che possono aiutare gli individui e la coppia nel lavoro di elaborazione di queste perdite.
Sia che si parli di infertilità, di abortività, che di morte pre e perinatale incontriamo donne e uomini confrontati con dei progetti interrotti e coppie messe alla prova dal punto di vista dell’emotività, della condivisione e dell’intimità.
Non sempre le persone si sentono adeguatamente accolte e sostenute, dal discorso della scienza o da quello sociale, nella possibilità di mettere in parole le proprie sensazioni.
Pensiamo, ad esempio, ai non facili percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita: si manifesta un crescente bisogno di condivisone, ascolto e supporto, in cui il soggetto emerga oltre i tecnicismi degli aspetti bio-medici.
A volte l’esperto cui ci si rivolge viene percepito come una sorta di “partner salvifico” che collabora alla possibilità di realizzare il desiderio della coppia di procreare; mentre altre volte può diventare ‘persecutorio e aggressivo’ nel porre la sfida in termini di risultato/fallimento o nel dichiarare la parzialità del proprio sapere e dell’intervento proposto.
Parlando, invece, di morte in gravidanza, Marta Micozzi ci indica che (pp. 29-30:
“l’immaginario collettivo non riconosce tale evento come luttuoso e molto spesso ciò accade anche a livello medico. Infatti, sia per gli aborti precoci che per le interruzioni terapeutiche di gravidanza, oltre che per le morti in utero, la morte porta con sé molte conseguenze a tutti i livelli e, se non viene riconosciuta, di conseguenza non vengono riconosciuti neanche il lutto e il dolore vissuto e provato sulla propria pelle dai genitori. Questo può comportare in loro la mancanza di elaborazione del lutto e l’assenza di trasformazione del dolore, con la conseguenza che il lutto, da fisiologico, diviene complicato”
Il titolo di questo articolo rimanda a Giano (in latino Ianus), prima divinità romana ed italica, dio degli inizi e dei passaggi nella natura e nell’uomo; celebrato insieme a Portuno, protettore dei porti, e rappresentato come bifronte, cioè con due volti che guardano in direzioni opposte: l’inizio e la fine, l’entrata e l’uscita, l’interno e l’esterno.
Da Ianus derivano l’etimo latino di porta (Ianua) e del mese di gennaio (Ianuarius) che rappresenta, col capodanno, il passaggio tra una conclusione e un nuovo inizio.
La soglia in cui è il presente a poter fare la differenza.
Ovvero quell’interstizio in cui sostare, riprendere fiato e rivalutare gli accadimenti, anche quelli più duri, dolorosi e difficili da sostenere, prima di attraversarlo per andare oltre.
Un altrove e una possibilità genitoriale diversa per ciascuno e non riducibile alla sola funzione riproduttiva.